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338 | antico sempre nuovo |
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E sino a tarda vecchiezza giunse il Pontefice poeta.... Poeta? Il lettore può giudicarlo. Certo egli non era un vecchio dilettante, che scambiasse lodi coi letterati, minori nel tempo stesso e maggiori di lui; cambiasse le lodi sue con le loro, come a dire piccole e preziose monete d’oro con grossi patacconi d’argento. Non era un Arcade che nel poetare svestisse la sua personalità per indossarne un’altra — questa è l’Arcadia, credo. —
Anche l’uso della lingua latina è in lui, e per la sua condizione e per il genere degli argomenti, naturale; nè solo perchè è lingua universale ma perchè è morta; nè tanto perchè è la lingua di Roma, quanto perchè è quella dei riti e delle preghiere. Ed è poesia sincera la sua; quindi, bene o male, più o meno, poesia. Nel fatto se noi non ne vogliamo conchiudere, per questa parte almeno, ch’egli fosse un grand’uomo, troviamo per altro in questi suoi sospiri e sorrisi, quello che di lui spariva sotto il «papale ammanto» tra il ventilare dei flabelli e il fumigare dei turiboli: troviamo l’uomo.