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la poesia epica in roma 281

date il libro VIII fu noto non molto dopo il 728, il libro IV, almeno (prendiamo questo che è comune alle affermazioni di Donato e Servio), dopo la guerra cantabrica fu recitato ad Augusto; ossia dopo il 729; il libro VI, cui fu aggiunto per l’occasione l’episodio del giovinetto mesto, fu recitato dopo il 731. Che ne dobbiamo ricavare? Questo: poichè il libro IV è in relazione con le guerre puniche, tanta parte della storia di Roma, come quello che ne assegna le cause remote o mitiche; poichè il libro VI e il libro VIII, l’uno nella vexvia l’altro nella àσлɩdorotia, contengono una rassegna delle grandi geste di Roma; non senza aggiungere che l’uno e l’altro hanno altri ricordi dei riti successivi e in genere dell’avvenire della Roma ancor non nata, come del tempio di Apollo Palatino e dei libri sibyllini (vi 65-74), come del dio Tiberino (viii 74-77), dell’ara massima e del culto d’Ercole dei Salii e dei Luperci (ib. 184-305), e della futura grandezza della città (ib. 314-365); poichè in somma in questi tre libri è la maggior impronta del carattere storico dell’Eneide, e sono quelli che egli prima lesse e, probabilmente, prima compose; possiamo argomentare che il poeta, riprendendo il suo disegno giovanile, conservava ad esso la sua nota di res Romanae. Noi invero possiamo accettare le parole di Servio: Nam qui bene considerant, inveniunt omnem Romanam historiam ab Aeneae adventu usque ad sua tempora summatim celebrasse Virgilium1. Solamente, egli la tratta da poeta. Ma chi non trova da una semplice paroletta,

  1. ad Aen. vi 752.