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la poesia epica in roma 271

aveva scritto le dieci ecloghe. Tanto con queste quanto con quelle, egli seguiva modi e autori Alessandrini; e nelle poesie giovanili (catalepton) aveva mostrato amore a Catullo. Questa predilezione delle eleganze Alessandrine tocca, credo io, Orazio, quando paragonando i suoi due amici dice:

                              forte epos acer
Ut nemo Varius ducit; molle atque facetum
Vergilio adnuerunt gaudentes rure Camenae1.

Invero Quintiliano spiega l’aggettivo facetum così: decoris hanc magis et excultae cuiusdam elegantiae appellationem puto2. Exculta elegantia: la qualità opposta al venerando orrore del lucus Enniano. Nè è da credere che Orazio avesse in mira le sole ecloghe, già pubblicate, e non le Georgiche ancora, che il poeta andava scrivendo. Dice bene egli nelle Bucoliche che quella sua Musa è rustica3, ma rustica è pur lì in un senso che male interpreterebbe l’espressione gaudentes rure Camenae e male si accorderebbe con molle e facetum. Alla quale meglio si possono comparare queste altre delle Georgiche

Interea Dryadum silvas saltusque sequamur
Intactos.

e

Haec super arvorum cultu pecorumque canebam
Et super arboribus,

  1. Hor. S. I x 43 e segg.
  2. IO. VI iii 19.
  3. Ecl. III 84.