data è certo errata1. Era probabilmente degli amici e fu degli imitatori di Catullo. Pure, seguendo l’esempio di Ennio, scrisse Annales, dei quali si trova citato sino il libro XI. Che trattassero della guerra Gallica di Cesare si fa probabile da parole di Acrone2. È da notarsi però che gli Annales belli Gallici sono citati senza il suo nome, e che gli Annales senz’altro sono citati col nome di Furio senza il cognome Bibaculo. Di che, incertezze e confusioni. Per me è probabile che il Furio sia Bibaculo e che gli Annales belli Gallici siano suoi; perchè vera credo l’attribuzione dei versi messi in ridicolo da Orazio a quell’opera e a quell’autore; e vera la credo, perchè verosimile mi pare che Orazio scegliesse a bersaglio de’ suoi strali un superstite di quelli amici di Catullo e Calvo che egli non amava. E mi pare ancora che Bibaculo sia quel Turgidus Alpinus, che scanna Memnone e male descrive caput Rheni3; poichè l’arguto Venusino avrebbe appunto foggiato quel cognome da quel verso Furius hibernas cana nive conspuit Alpes, come o esso o il popolo diedero (o confermarono in senso burlesco?) il nome di Capitolinus a Petillio per il suo furto della corona d’oro 4. Al qual proposito è da osservare che la satira dove è menzione
- ↑ Hier. Eus. Chron. MDCCCCXIV = 651 (in un codice, l’anno seguente): M. Furius poeta cognomento Bibaculus Cremonae nascitur. Vedi in Lyra.
- ↑ Vedi nota al fr. ix e x.
- ↑ Hor. S. I x 36 e seg.
- ↑ Hor. S. I iv 94. Sebbene, Petillio si chiamava proprio Capitolino, come da monete, ed era curator Capitolii, e il furto della corona di Giove ex Capitolio è proverbio, e non altro (Plaut. Men. 941, Trin. 835).