padione di lui più vecchio si occupava del Bellum Poenicum1; prima dell’età di Cicerone il syro M. Pompilio Andronico, un molle Epicureo, aveva fatto gli elenchi degli Annali, cui Orbilio pubblicò2, e M. Antonio Gniphone, la cui scuola frequentava Cicerone stesso, pare che ai medesimi avesse fatto un suo commentario3. Poi Cicerone non solo lo chiama summum epicum poetam4, ingeniosum5, ma lo cita spesso e a lungo e con ammirazione. Nel tempo d’Augusto il culto di Ennio trovò una tal quale opposizione in Orazio, che non amava il soverchio e odiava l’eterno vezzo degl’invidi che detraggono a chi invidiano, più lodando altri, specialmente se morti, che biasimando loro. Tuttavia se egli vuol portare un esempio di elocuzione poetica, grave non solo per il verso ma per le parole, porta un esempio di Ennio6. Nè Vergilio fece dimenticare il padre della poesia Romana. Vitruvio scriveva che chi aveva l’animo alla poesia, doveva avere nel cuore il simulacro di Ennio consacrato come quello di un nume7. Al tempo di Gellio si leggeva in teatro, al popolo, tra le acclamazioni8; Hadriano imperatore lo preferiva a Vergilio9; solo più tardi, Macrobio deplorava che il
- ↑ Suet. gramm. 2 cf. 1.
- ↑ Suet. gramm. 8.
- ↑ Così induce Buecheler da un accenno negli Schol. Bern. ad Verg. Georg. ii 119.
- ↑ de opt. gen. or. 2. pro Balb. xxii 51.
- ↑ pro Mur. xiv 30.
- ↑ Sat. I iv 60 e seg.
- ↑ Vitr. IX praef. 16.
- ↑ Gell. XVIII v 2, 3, 7.
- ↑ Spart. Hadr. xvi 6.