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la poesia epica in roma 261

simili. Ricordiamo le metafore, fauces, flos populi, hasta induvolans, micant oculi, spargere hastas, Suadae medulla, cortina (= cielo), crudeli sepulcro (lo stomaco dell’avvoltoio), ferreus imber, fax (= il sole), lactantes fici, flumen vomit, sese somno siccat.

Ricordiamo le personificazioni Terra corpus dedit, capit; semita nulla pedem stabilibat, cura coquit, nox volabit, vires contutudit hiems, sonus aere cucurrit, clamor vagit e altre; le metonimie, come ferrum per spada, Romulus per Romani, arma per guerra, lumina per vita, aes per tromba, carbasus per vela e altre: le sineddochi, come sanguine per vita, pectora per uomini, ungula per cavalli, carina per nave; Volsculus per Volsci, quadrupes eques per cavalieri, Opscus per Osci; scamna per trono, diem per tempo, rem per cosa pubblica. Quanto alla sintassi basti un accenno: chi non sa quale largo uso sia nella poesia latina dei verbi passivi, specialmente al participio, con lo stesso accusativo dell’oggetto, che avrebbero all’attivo? Il modello di tale costruzione è in Ennio: perculsi pectora Poeni, succincti corda machaeris.

L’efficacia di Ennio in tutta la poesia romana non si deve misurare dalla sua, per quanto grande e durevole, fama. L’efficacia fu ben maggiore, ma non sempre diretta. Si prese spesso da Lucrezio e da Vergilio ciò che era d’Ennio. E d’altra parte è destino che il perfezionatore valga più dell’autore. Ben presto gli Annali entrarono nelle scuole. Intorno alla morte di Ennio, Crates Mallote introdusse in Roma lo studio della grammatica secondo la scuola Pergamena. Non molto dopo Q. Vargunteio leggeva avanti un uditorio affollato gli Annali, come Lam-