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di battagliero! Questi ultimi annali erano pieni di suon di ferro e di scalpitìo di cavalli e di lotte di venti in tempesta. E ne usciva l’ammonimento che già anni prima, nel cominciare l’arditissima impresa, dava ai cittadini di Roma il buon Rudino: Audire est operae pretium1. Egli attingeva alle fonti sacre e voleva l’arte e lo studio; ma si proponeva anche un nobile fine: il fine che non doveva dispiacere al suo primo protettore e amico, che lamentava l’oscurità di Caedicio tribuno al confronto del re Leonida:

          Noenu decet mussare bonos, qui facta labore
          Nixi militae peperere2.

Non si direbbe che Ennio faceva ammenda delle lodi troppo particolari al Nobiliore? Egli professava di dirigersi a quelli che volevano il bene di Roma e del Lazio: Remque Romanam Latiumque, ripete da Ennio Orazio nella festa secolare di Roma3.

VI.

Per valutare equamente i meriti del grande Ennio, prendiamo una che può parere piccola cosa a quelli che sanno fare star ritto l’ovo... dopo che hanno veduto come si fa: prendiamo l’esametro Enniano. Io credo bensì che Livio e Naevio avrebbero potuto usare il verso lungo, se fosse convenuto ai motivi e fini della loro arte; che essi l’avessero

  1. Vedi XXII fr. i.
  2. XVII fr. ii.
  3. XVII fr. i 2, Hor. CS. 66.