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la poesia epica in roma | 255 |
accenno alla vecchiaia del poeta1, col quale accenno benissimo sta ciò che Gellio riporta da Varrone2.
Ridotti gli annales a dodici, il poeta aspettò ancora. Il successo dell’opera indusse probabilmente Fulvio Nobiliore a menar seco il poeta nell’Aetolia, animandolo a continuare il poema. Ciò dunque nel 565. Egli aggiunse ancora tre annali: due per la guerra di Antiocho, il terzo (XV) per la gloria di Fulvio. Catone fu malcontento che il suo poeta sottraesse al Comune per dare alle persone. In vero, un libro alla guerricciola Aetolica e all’assedio di Ambracia, e due, due soli alla guerra di Annibale! Se poi egli aggiungeva3 una lode magnifica di Fulvio, e concludeva
Moribus antiquis res stat Romana virisque.
oh! sì, forse Catone non era dalla parte del torto nel rimbrottare Fulvio e nel pluralizzare Ennio, facendo poetas il poeta. I mores antichi erano in fatto: «tutto per la repubblica»: Commune magnum.
Vecchio, tormentato dalla gotta, nel 582 (si può credere) aggiunse ancora tre libri. Era vecchio, ma della vecchiaia, tutta fremiti e nitriti, del cavallo già vincitore nelle gare. Vecchio il poeta consacra alla fortezza dei militi di Roma i suoi ultimi versi. E nel libro XVI il tribuno, per il quale Ennio emula Omero che descrive Aias4. O vecchiaia