«Ah! io credo alla tua serva e tu non credi a me?». Era parco Ennio, tuttavia non sdegnava il buon vino; e soffriva di gotta1. Sereno sopportò povertà e vecchiaia: pareva che se ne dilettasse2. Tra i suoi amici era Fulvio Nobiliore, che fu console nel 565 e condusse con sè il poeta in Aetolia, come poeta delle sue vittorie. E la vittoria che riportò, magnifica di per sè, fu abbellita dal poeta amico, il quale ci guadagnò una clamide, una clamide sola della preda Aetolica, e in comune con Fulvio i rimbrotti di Catone: condurre nella provincia poetas! non s’era mai veduto3. Il figlio però di quel Fulvio, nel 570 essendo triumviro coloniae deducendae, assegnò al poeta una porzione della terra da dividersi e gli diede la cittadinanza Romana4. Ben la meritava egli che aveva fatta Romana la poesia omerica! Nel 585 secondo Cicerone, nel 586 secondo Hieronymo, morì di gotta5. Morì mentre si celebravano i ludi di Apollo. La sua statua era nel sepolcro degli Scipioni, fuori di porta Capena, con quella di Publio e Lucio6. Quelle volevano dire Africa e Asia domate; questa significava invece vinto il Latium ferox. Alla vigilia dell’assoggettamento
- ↑ Hor. Epl. 1 xix 7: Ser. Samm. 713, che attribuisce la gotta ai pocula iniqua.
- ↑ Cic. Cat. M. 14.
- ↑ Cic. Arch. 27, Tusc. I 3; Aur. Vict. ill. lii 3; Symm. ep. I 21.
- ↑ Cic. Arch. 22: ergo illum... Rudinum hominem maiores nostri in civitatem receperunt: il che pare un’eco del verso: Nos sumus Romani qui fuvimus ante Rudini (che è, non a suo posto forse, in XI fr. x). Vedi poi Brut. 79 e cf. T. Liv. XXXIX xliv.
- ↑ Cic. Brut. 78. Hier. MDCCCXLIX = 586.
- ↑ Cic. Arch. 22. Tit. Liv. XXXVIII ivi.