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la poesia epica in roma 245

tempio d’Apollo in Cume e la porta di esso1 . Narrava poi di Enea, che sposava la figlia del re d’Alba, e ne aveva Ilia, la quale da Amulio, suo fratello o suo zio, era fatta precipitare nel Tevere coi due figli gemelli. Questi salvati, adulti e gloriosi, furono riconosciuti da Amulio e ne ebbero licenza di edificare una nuova città2. Narrava anche dei due fratelli intenti all’augurio, uno dall’Aventino, l’altro dal Balatio3. Dopo aver parlato dell’origine di Roma, nei due primi libri, egli forse passava nel terzo a narrare quella di Carthagine4, e poi raccontava la guerra, cominciando dalla rituale dichiarazione e finendo alle condizioni della pace. Il poema pareva a M. Tullio, grande ammiratore della lingua pura, ingenua, fresca .di Naevio, una statua di Myrone; un’opera quindi tutt’altro che legata e fasciata, come la lignea Odissia di Livio, anzi di movenza arrischiata, anzi piena di vita e di agilità e di energia; ma un po’ magra. L’anima è nuova, ma il corpo è arcaico5.

V.

La guerra d’Annibale è sul finire. Tra non molto, tra un anno, il terribile Titano accampato nel Bruttio salperà, tra le grida de’ suoi guerrieri italici che egli fa sgozzare, salperà per l’Africa e

  1. Vedi fr. vii e nota, e cf. Aen. vi 20 e segg.
  2. Vedi fr. xii e nota.
  3. Vedi nota al fr. di sopra.
  4. Nota al libro iii.
  5. Cic. Brut. 75.