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la poesia epica in roma 223

Salmoneo, che si può congetturare fosse assai presto introdotta, se la troviamo nella storia dei re di Alba: «Dopo Agrippa, regna Allodio, una specie di tiranno, nemico degli dei, per 19 anni. Egli, nel suo disprezzo per la divinità, aveva combinato imitazioni di folgori e rimbombi simili a tuoni, coi quali voleva, come un dio, spaventare gli uomini. Ora essendo cadute pioggie e folgori sulla casa sua, ed il lago, presso cui abitava, avendo fatta un’insolita inondazione, egli con tutta la casa affondò e morì. E anche ora, e trasparendo il lago, in una parte, quando l’acqua è piana e tranquilla, si vedono rovine di portici e altre traccie di abitazioni»1. E di questo genere non omerico si può considerare la giunta (se non si vuol credere parte originaria) alla saga dei due gemelli, che Servio ricorda fuggevolmente essere stati acciecati dalla madre. La novella di Stesichoro, acciecato dai due Dioscuri per l’oltraggio da lui fatto ad Helena; oltraggio che egli poi ricantò, e riebbe la vista; raccontata confusamente, può avere suggerito questo acciecamento, non più attivo, ma passivo. Passaggio che io sospetto sia avvenuto in Marica, che trasforma (trasformò ella Pico in picchio), dalla Nemesi delle Cypria, che si trasforma. Ma, a ogni modo, troppe più sono le infiltrazioni dei miti omerici. Nella leggendaria storia di Roma primitiva, a me par di vedere, per esempio, un ricordo di Briseide nelle Sabine; forse (ma qual mutamento!) un ricordo di Ettore trascinato dalla biga di Achille, in Metto Fuffetio squartato dalle quadrighe di Hostilio. Nè

  1. Dion. Hal. A lxxi 3.