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la poesia epica in roma 217

naturale che originariamente si concepisse l’uno come uccisore dell’altro, allo stesso modo che Hermeias, il Sole, è fatto uccisore di Argos, il cielo stellato, ed Oedipus è parricida e incestuoso. E a ciò fa pensare anche più l’acciecamento ricordato da Servio. Non diventa cieco anche Oedipus? Ma qui tutti e due i fratelli sono acciecati, e dalla madre. Contaminiamo le due coppie mitiche, sopraponiamo la storia dei due figli di Amata (che si uccide come Epicaste o Iocaste) su quella dei due figli di Rhea (che si inimicano come Eteocle e Polynice); e avremo uno d’essi, solo uno, cieco o ucciso, che per il senso del mito è la stessa cosa. E io penso ai Tyndaridi nei quali la primitiva perdita della luce è bensì conservata, ma con tale trasformazione che in essi è attivo ciò che negli altri è passivo: acciecano (Stesichoro lo sa), non sono acciecati. Or questo mito dei due gemelli nelle tradizioni Romane ritorna più volte: Amulio e Numitore, Romolo e Tazio; e questi ultimi, in cui si ripete il fatto di Romolo e Remo, presso a poco (Tazio non è ucciso da Romolo, ma questi si compiace della sua uccisione: T. Liv. I xiv), mostrano come un mito si possa adattare a un senso nuovo, storico. E i due consoli, di cui imperava uno un giorno, l’altro l’altro, non sono essi la riproduzione, diremo così, politica di quel mito celeste? Aveva dunque il popolo Romano (si può sospettare, se non credere) il suo fondo epico in comune coi Greci, non preso a prestito da questi; ma esso non gli servì se non a rendere più facile l’introduzione delle modificazioni e delle interpretazioni greche: non mise e fiorì, in