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tuto con atteggiamenti diversi più volte. È un’Helena casta Lucrezia, un’Helena virginale Virginia. In Ardea è una terza Helena, face di guerra anche essa tra ottimati e plebei1. Nè basta: i personaggi del drama antichissimo si sdoppiano, si sciolgono, e in altre forme vivono per un pezzo. Chi è Rhea Silvia, chiamata poi Ilia, se non l’Amata, la Vesta che concepisce da Giove Laziale? Ella concepisce invece da Marmar: ma c’era differenza in antico tra Iuppiter e Marmar? E concepisce in sogno. Così va inteso il passo di Ennio2 riportato da Cicerone, ricordando il fatto che nei monumenti figurati ella è sempre rappresentata dormente3. È un concepimento meraviglioso come quello di Leda. Non ne nasce, è vero, la donna fatale (la donna fatale è, per quelle mirabili incongruenze dei miti, essa, e ha appunto una sorella, secondo Ennio); ma due gemelli sì, nascono, belli e forti come i Dioscuri. Ma unus erit, che Marmar potrà portar con sè nel cielo e fargli vivere la vita immortale; l’altro, il Castore, morrà. Che fa, se dei figli italici di Marmar l’uno uccide l’altro (il che non è poi nemmeno affermato per sicuro), mentre nei Dioscuri greci, Castore è ucciso da altri che dal fratello? La somiglianza c’è lo stesso. Eppure io direi che l’antichità del mito fosse meglio conservata nel nostro racconto che in quello dei Greci. Perchè, se nei due gemelli, che vivono e muoiono alternamente, è espresso il succedersi del giorno e della notte, par

  1. T. Livio IV ix.
  2. Vedilo a pag. 17.
  3. Vedi Brizio, op. citata, pag. 20.