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la poesia epica in roma | 209 |
Zeus che nell’alto dimora spirò la paura in Aiante;
Perso ristè si gettò sulle spalle, il settemplice scudo,
Esterrefatto guardò nella turba, e pareva una fiera,
Mentre voltavasi a tratti, scambiando di rado i ginocchi:
Come un ardente leone che via dal recinto de’ bovi
Seguono a furia i cani e gli uomini della villa,
Che non gli lasciano prender la grassa carne de’ bovi
Vegliano tutta la notte ma esso che agogna le carni,
Lanciasi invano; però che spesse le freccie
Svolano in faccia a lui, lanciate da mani animose,
Svolano fiaccole accese: egli arretrane pure nel lancio;
E coll’aurora lontano ne andò, con il cuore dolente;
Aias allora così da’ Troiani, dolente nel cuore,
Ben contra voglia andava, perchè temea per le navi.
E come quando in un campo fece forza un asino ai bimbi,
Pigro, cui molti in vero bastoni si ruppero intorno,
Ma egli tosa entrato la folta maggese; ed i bimbi
Picchiano pur coi bastoni, ma la lor forza è bambina;
E lo cacciarono a stento poi che s’empì di foraggio:
Così d’allora Aiante il gran Telamonïo figlio,
I fieri in cuore Troiani e i lungi-noti alleati
L’aste avventandogli a mezzo lo scudo seguivano sempre1.
Ora che l’asino sia stato introdotto poi e da altri, si vede chiaramente dal fatto che l’azione espressa ne’ versi seguenti quelli che ho tradotti, non è corrispondente all’ultimo paragone ma al primo. E qui è ancora possibile trovare il luogo della cucitura. Il verso 556 comincia 225 Ὧς Αἴας τότ᾽, e il verso 566 Αἴας δ᾽ ἄλλοτε μέν. È questo esempio unico di correlazione ἄλλοτε μέν... ὁτὲ δέ che segue nel 568. Forse l’oime preventiva recava:
566Ως Αίας δτὲ
556μὲν μνησάσκετο θούριδος ἀλκῆς
- ↑ A 544-65.