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la poesia epica in roma |
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voce, si getta nell’Iardano1; come quando, giovinetto, razziava le mandre e le greggi degli Elei e inseguiva gli Epei simile a «scuro uragano»2: come quando al seppellimento di Amarynceo, vinse al pugno Clytomede, alla lotta Ancaio, alla corsa Iphiclo, alla lancia Phyleo e Polydoro, e solo ai cavalli fu superato; ma erano due fratelli gemelli: «uno teneva forte le briglie, Forte teneva le briglie e l’altro col pungetto via aizzava»3; allora spiccava tra eroi, allora viveva tra uomini4; non «quali ora sono mortali5. Ma via! codesti mortali del dì d’oggi, non sono poi da disprezzare; e Nestore, il vecchio brontolone, esagera: esagera l’ignavia o debolezza presente, perchè ama il passato eroico, ed esclama ogni tratto: Ὢ πόποι, ἦ μέγα πένθος...6 Chè poi, gli uomini presenti quali sono rispetto ai passati? Tali che due di essi farebbero a stento quello che uno di quelli eroi faceva agevolmente. «Ed egli un masso prese con la mano, Il Tydeide, gran fatto, cui non due uomini porterebbero, Quali ora mortali sono; ed egli lo palleggiava agevolmente anche solo»7: «Cui (una pietra) non due uomini del popolo più forti Facilmente sul carro da terra caricherebbero, Quali ora mortali sono; ed egli lo palleggiava agevolmente anche solo»8. Altra
- ↑ Η 132 e segg.
- ↑ Λ 670-672: 747.
- ↑ Ψ 629 e segg.: 641 e 2.
- ↑ Ψ 645, A 762.
- ↑ Ε 304, Μ 383, 449, Υ 287. Cf. Aen. xii 900: Qualia nunc hominum producit corpora tellus.
- ↑ Α 254, Η 124.
- ↑ Ε 302-4, Υ 285-7 dove è Aineias invece di Tydeides.
- ↑ Μ 447-9.