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la poesia lirica in roma 187

Qualche volta il bozzetto è una caricatura, come quella amenissima di Rufo, che si fa tanto lisciare, pettinare, pitturare, speluzzare, che il barbiere, ragazzo al principio della «toilette», alla fine ha tanto di barba; come quella di Selio che ha una sua grande melanconia, perchè non c’è invito a cena per quella sera; come quella del terribile lettor di versi, Ligurino.... Oh! proprio caricatura codesta? Come aveva ragione Marziale di affermare, con divina espressione, il «sentor d’uomo» che è nei suoi libri: hominem pagina nostra sapit! E spesso come è acuto oltre che vero! Per fermarci alle miseriole di codest’arte poetica, la quale non ha cessato davvero di dare come le sue rose così le sue spine, considerino i poeti d’oggidì l’epigramma che riportai nella prefazione1; meditino quest’altro:

                    Soli ammiri poeti d’una volta
                    e non lodi se non poeti morti.
                    Grazie tante, o Vacerra: non lodarmi.
                    Io non voglio morire per piacerti.

E tutti, poeti o non poeti, dicano se non hanno incontrato mai per la loro via uno di codesti finti buoni, uno di codesti invidiosi in maschera di benevoli, uno di codesti dal miele in bocca e dal fiele in cuore, ottimisti-pessimisti; se non hanno, in somma, incontrato mai Callistrato:

     Loda Callistrato, per non lodare chi merita, tutti.
          Ma, cui nessuno è cattivo, essere buono chi può?

E come quella de’ suoi tempi, così è in questi libri, aperta e ingenua, la vita di lui. Egli si conosceva.

  1. [IX lxxxi].