|
la poesia lirica in roma |
177 |
detta. O buon Vergilio, e, secondo il tuo voto, la Saturnia tellus ha le sue messi rigogliose, i suoi vigneti e oliveti, i suoi briosi cavalli e i bianchi bovi trionfali. In vero, come è nel tuo canto, Aenea doveva dare agli esuli d’Ilio plura relictis. Ma nell’inno sublime è anche una voce più antica e profonda; un’eco degli axamenta: «O Sole della vita, che col carro di luce mostri il giorno e lo nascondi, e sempre altro e sempre lo stesso nasci, possa non illuminare nella tua corsa città più grande dell’Urbe Roma!»1 E questa eco di axamenta si trova anche in alcuna delle odi che seguirono il Carmen Saeculare e sono nel quarto libro il quale, secondo la notizia di Suetonio nella citata Vita, da Augusto fu il poeta costretto ad aggiungere ex longo intervallo ai primi tre. Di queste odi, alcune esprimono l’incremento dell’idea di poesia e di gloria poetica il quale si fece nell’animo del poeta dopo l’inno secolare. Altre si aggirano intorno ad amori senili o invecchiati quasi con essi sia simboleggiata la stanchezza dell’ispirazione. Altre sono forse avanzi dell’età giovanile, bozze riassunte e ripulite. Altre infine celebrano Augusto, la prosperità la costumatezza la pace la gloria che egli conserva inalterate. La sconfitta di Lollio nel 738 è seguita l’anno dopo dalle vittorie di Tiberio e Druso. Le quali vittorie sono appunto gli argomenti dati, secondo Suetonio, da Augusto ad Orazio. Egli li trattò con qualche sforzo di stile e di lingua, con qualche disùguaglianza di tono e di spirito. Il poeta è veramente stanco; tuttavia, nel 740 a significare il desiderio
- ↑ Vedi III, Carmen Saeculare.