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la poesia lirica in roma 157

simpotiche ed erotiche il modello. E qual modello insuperabile! È un guerriero, è un marino che banchetta e ama: egli combatteva forse la mattina del giorno nella cui sera domandava amore, e mentre si faceva versare in fretta il vino e diceva lo scolio, i suoi uomini si apparecchiavano a sciogliere gli ormeggi della nave. Quindi intenso era il sentimento e pittoresca, rapida, calda l’espressione. Orazio, la cui vita, del resto, in qualche parte rassomigliava a quella d’Alcaeo, certo non doveva essere pari al suo autore; ma per noi è pure ammirevole più in queste che nelle altre odi. Già egli nelle conviviali pone sovente tratti e accenti personali e Romani, sì che la sua non è un’imitazione pedestre. Non copia egli, ma s’ispira, nè solo ad Alcaeo, sì anche ad altri, ad Anacreonte specialmente. E sempre? tutte proprio queste odi sono fatte di pietre scavate a Lesbo e, aggiungo, a Teo? I nomi sono sempre o quasi sempre greci, è vero; ciò era richiesto dal gusto dominante; ma in alcune è tanta vivacità e tanta spontaneità, che mal possiamo indurci a crederle non originali. Ma a che tali ricerche? contentiamoci di assistere a questi convivii d’un tempo, ora chiassosi, ora tristi, in cui dalla rissa si conchiude alla gioia, e dalla oscurità della stagione si prende ispirazione all’amore. Leuconoe, fanciulla meditabonda, non pensiamo alla morte, beviamo!

Non cercare così chè non si può quale a me, quale a te
sorte, o Candida, sia data da Dio: lascia di leggere
quelle cifre Caldee. Prenditi su quel che vien viene, e via!
O che abbiamo più verni anche, oppur sia l’ultimo questo, che
ora il mare Tirreno urta ed infrange alle scogliere, tu