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108 | antico sempre nuovo |
non è felice, come quando ne scrive:
tanto egli gode in sè, tanto egli si ammira.
Ma tu, puoi dire: tutti erriamo; nessuno
è, che in qualcosa non riesca un. Suffeno,
a quando a quando. I suoi difetti ha ciascuno;
ma sono dentro la bisaccia di dietro.
E come Suffeno, così vive ancora quello zotico del fratello maggiore di Asinio Pollione, che era faceto «di mano», rubando i sudaria a chi non si badava1 Vive l’oratore, freddo come la tramontana, Sestio, che invita a cena a patto che si legga qualche sua orazione. E si perde la cena e la salute; perchè la lettura dà il raffreddore2. Due graziose figure sono Veranio e Fabullo, gli amici del cuore, che sono sempre per le provincie a cercare lucelli aliquid coi pretori. Qualche volta incontrano di questi egoisti che vogliono tutto per sè; e allora i due poveri amici, ritornati a mani vuote, stanno nei trivii alla posta di qualcuno che dica loro: Oggi a cena con me. Con quale affetto li saluta reduci da una delle loro peregrinazioni, dalle quali sogliono portare un regaluccio per lui, e tanti racconti!3 Catullo aveva una villetta, nella Sabina, diceva chi lo voleva offendere, in quel di Tibure, diceva esso e chi non gli voleva male. Ne parlava, pare, spesso. «Dici che è così bene esposta? affermano invece che v’imperversa ora lo scirocco ora la tramontana, che d’inverno si gela e d’estate si scoppia». Così un Furio, che probabilmente è Bibaculo. E Catullo: «non è opposita nè ai venti che dite voi, nè a quelli che