l’Epitalamio almeno di Manlio e Aurunculeia. Prima del 695, nel quale anno Manlio era vedovo, fu composto di certo; e tempo prima, anche; poichè se dalla morte fosse stato rotto il vincolo pochissimo tempo dopo che fu stretto, nell’elegia lxviii sarebbe un cenno di particolare così crudele. Nel detto canto nuziale è traccia della poetessa di Lesbo, sebbene il metro sia più di Anacreonte. Il gentile Veronese portava per primo in Roma le rose Pierie di Sappho. Esso studiava gli Alessandrini, ma attingeva anche alla fonte viva e pura. Dalla quale derivò quel soave contrasto nuziale in cui è più Sappho che in tutti i frammenti di lei e in tutti i melydria di Theocrito. Arieggia invece Anacreonte il breve e bello inno a Diana.
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Così i due amici poetavano di dolci cose. E che buona vita conducevano in quei primi tempi! È il giorno dei Saturnali. Vengono e vanno augurii e regali. A Catullo viene da parte di Calvo un bel volume. Svolge da intorno agli umbilici la carta (era forse carta regia e gli umbilici erano nuovi e il tutto elegante e lustro) e legge: versi e versi; ma brutti, orribili, esecrabili. Bisogna leggere: è rito. Come si vendicherà Catullo? Con una poesia nella quale egli insinua che tale perversa raccolta deve essere il guadagno fatto dall’avvocato Calvo nella causa di un Sulla, maestro di scuola. Poveretto! non avendo altro da dare, il maestro ha fatta un’anthologia e l’ha mandata al suo patrono, chte con questi guadagni si farà d’oro. E non basta: Catullo dice che sceglierà i veleni di tutti i poetastri,
- ↑ Vedi [LXI], [LXII], [XXXIV].