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la poesia lirica in roma | 99 |
aspetto sarebbe stato ammesso anche da Catone1. Un poeta tra didattico e iambico era Volcacio Sedigito che si occupava di storia letteraria mordendo questo e quello. Tra didattico invece e idillico è Sueio che scrisse dell’allevamento e della vita degli uccelli e forse un’altra operetta intitolata Nidus. È citato poi da Macrobio un suo idyllion del titolo Moretum e ne sono riportati otto esametri. Dal 650 al 670, il tempo che corre dalla invasione dei Cimbri e Teutoni sino alla fine della prima guerra Mitridatica, fiorirono Gnaeo Mattio o Matio e Laevio. Il primo tradusse l’Iliade e fu dottissimo, a detta di Gellio; il secondo nascosto nei manoscritti sotto il nome or di Naeuius or di Liuius e Laelius e altri ancora, è poco noto. Mattio scrisse nel metro di Hipponacte mimiambi, imitando Heronda, e, pare, piuttosto pedestremente, poichè del primo frammento, per esempio, è chiara la somiglianza con passi del mimiambo terzo di Heronda e anche col frammento, che di Heronda già si conosceva: «O mi giuoca alla mosca di rame o alla pentola o attaccando agli scarabei uno spago mi dà noia al vecchio». Il secondo fa chiaramente indovinare sotto le parole latine le parole greche; il quinto e il sesto ricordano certo più il mercato greco che il romano. Laevio è particolarmente importante per la varietà dei metri che introduce e per la regolarità e anche snellezza con cui li tratta, sì che il suo posto parrebbe avere
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Poenico bello secundo Musa pinnato gradu
Intulit se bellicosam in Romuli gentem feram.Geli. XVII, 21. Vedi in Epos xlvii l’interpretazione che io credo giusta di quel pinnato.