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la poesia lirica in roma | 93 |
parole greche elegos, elegeion, elegeia, dalle quali è pur lontano, secondo il Mommsen, per l’etimologia. Elogium verrebbe da eligere e significherebbe primamente le note che si «trasceglievano» per ricordare negli stemmata uno della famiglia che avesse occupato offici curuli1, O indica forse la scelta fatta nella lunga nenia funebre? Checchè sia di ciò, la poesia di questi elogia è ora severa e quasi ufficiale, ma sempre piena di sentimento e di solennità, ora affettuosa e dolce quanto più si possa. Il poeta consola il figlio del primo Africano,, che portò l’apex di flamine diale, di aver avuto troppo breve il campo alla gloria e alla virtù; consola un altro Scipione morto giovinetto, di non avere avuto onori: idee romane. E romanamente è figurata la donna perfetta, sul sepolcro di una Claudia: Domum servavit, lanam fecit. L’uomo era per la patria, la donna per la famiglia2.
Appio Cieco scrisse carmina, come è nella orazione a Cesare dell’incerto Sallustio; sententias, secondo Festo. Egli fu censore nell’anno 442, console nel 447 e nel 458. Ebbe grandissimo sapere; fu oratore pieno di forza. Esisteva al tempo di Cicerone l’orazione con la quale egli, vecchio e cieco, dissuase il senato dal far pace con Pyrrho; Restano a noi due versi dell’orazione che fa presso Ennio: Quo vobis mentes rectae quae stare solebant Antehac dementes sese flexere viai? Quanto al suo carmen, come lo chiama Cicerone, pareva a lui Pythagoreum, ispirato dalla filosofia pythagorica, che, se-