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la poesia lirica in roma |
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carmen descindentes tripodiaverunt, come è nella lapide stessa. Dubbia assai è l’interpretazione; certo piace l’imagine che, secondo il Preller, è nel terzo verso: «Sazio d’infuriare, passa la soglia, ferma la sferza!» Il che alluderebbe alle tempeste, dopo le quali il seme si svolge e mostra, facendo verdi le porche. Marmar o Mavors o Mars è il dio degli agricoltori che a lui chiedono d’essere salvi dalla lue e dalla rue essi e le loro famiglie e i loro animali; e con quegli agricoltori, fattisi un pilumnus poplus, diventò guerriero1. I quali agricoltori nella guerra si ricordavano poi di quella religione loro, così campestre e così alta. Le cerimonie e le formule dei Fetiales ne sono la testimonianza più chiara. Quando si faceva o feriva un foedus, domandava il Fetialis al re i sagmina, le sacre verbene. La dichiarazione solenne di guerra del popolo Romano era in origine una domanda di rifacimento di danni fatta da una tribù agreste alla sua vicina. Ma quanto grave e maestosa! «Odi, Iuppiter, udite confini, mi oda la giustizia divina. Io sono il pubblico nunzio del popolo Romano e vengo legato secondo la legge umana e divina: sia fede alle mie parole». E dopo avere fatto la sua domanda chiamava in testimonio Iuppiter e diceva: «Se io contro la legge umana e divina domando che mi siano consegnati quegli uomini e quelle cose, non mi fare tornar più nella patria mia». E dopo trenta tre giorni indiceva la guerra, invocando tutti gli dei del cielo e di sopra e di sotto la terra2.
- ↑ Pag. 2. Carmen Arvale. Fest. Pilomnoe poploe in Carmine Saliari Romani velut pilis uti assueti.
- ↑ Pag. 3. Obtestationes.