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documenti parlamentari


si dirigerebbe per la pianura al di là di Serravalle, dove, biforcatasi, correrebbe da una parte oltre il Po ed ai confine di contro a Pavia, piegando dall’altra verso Alessandria per continuare poi piú tardi fino a Torino (articolo 1, $ 4, articolo 23). Questo era un allargare la mano e lasciar fare al commercio. Unica clausola che manifesti precauzioni militari era la prescrizione di non piantare un ponte stabile sul Po al disotto della foce del Curone, che viene però sempre ad essere circa venti chilometri piú a valle dell’attuale passo di Valenza.

Giustizia vuole che si dica come le lungherie e le grettezze mercantili lasciassero svampare quelle buone disposizioni. Quattro anni piú tardi tutto era mutato. Il Governo, con risoluzione che veniva giustificata dall’impotenza delle private associazioni, dichiarò (regie patenti 16 laglio 1844 e 43 febbraio 1845) di volere stabilire e costruire a sue spese le ferrovie dello Stato. Come principale fu proclamata la linea da Genova a Torino, passando per Alessandria; una diramazione verso la Lomellina, d’onde a Novara e al lago Maggiore, veniva chiaramente indicata; e in modo piú vago s’accennava ad un’altra diramazione che dal tronco verso la Lomellina volgesse al confine lombardo.

Dal suo canto il Governo austriaco, disdetta già prima ogni speranza che volesse concedere la costruzione delle progettate ferrovie da Milano a Pavia ed a Sesto Calende, tirava poi a sè anche il maneggio della società per la strada ferrata da Venezia a Milano, e spingendo di preferenza i lavori della sezione orientale, mirava a quello scopo che ora è vicinissimo a conseguire.

La valle del Po, circonvallata per ogni altra parte da aspre catene di monti, scende verso oriente agevole ed aperta alla marina adriatica. Da Venezia, che nel concetto dell’Austria non dev’essere piú che uno scalo succursale di Trieste, una via ferrata, risalendo il lene declivio, può agiatamente condursi fino a capo della valle. Se non si apra di fianco un tragetto verso l’Appennino e il mare ligure, se si puntelli l’edificio con barriere doganali che rubino tempo anche quando non estorcano denaro, il mercato lombardo sottratto alle sue secolari consuetudini verrà infeudato al commercio adriatico, il quale dall’emporio milanese, facilmente, mercè i canali che mettono ai laghi subalpini, salirà fino al piede dei monti elvetici, e tenterà l’Europa centrale. (Veggasi tabella 4.)

Questi i loro disegni. Miracolo se a dispetto della geografia riuscissero a colorirli. Genova, scalo naturale delle provenienze transatlantiche, non dista da Milano piú di 120 chilometri, e, aggiunti anche 20 altri chilometri per la curva necessaria ad evitare l’ondeggiamento dei colli preappennini che si protendono tra la Scrivia e la Trebbia, una strada di 140 chilometri potrebbe congiungere il porte ligure col centro della Lombardia. L’Adriatico invece, seno che le navi d’occidente non ponno guadagnare senza un lungo giro, dista da Milano 250 chilometri; e il Po, che si vorrebbe pigliare come via di rifianco, è tortuoso, capriccioso, disagiato a risalire. Nondimeno troppo è vero che tra breve, compiuta la ferrovia lombardo-veneta, e ordinata con maggior diligenza dal Lloyd triestino, pertinacissimo nei suoi propositi e nelle sue speranze, la navigazione eridania, le provenienze dall’Adriatico potranno alla sinistra del Ticino, entrare in cone correnza colle provenienze del golfo ligure1.

Importune ammonizioni, che da tanto tempo ripetute e da tanti indizi confermate parvero di giorno in giorno perdere efficacia e scadere quasi in conto di querimonie volgari, 0 che l’inviolabilità delle ragioni geografiche raffidi gli animi dei nostri governanti, o ch’essi conoscano inutili le previsioni. Comunque sia, è verissimo che nel 4840 la strada da Genova alla Lombardia era messa innanzi ad ogni altra; piú tardi divenne secondaria; infine problematica. Da principio s’indicava Pavia come punto di congiunzione (regie patenti 1840), poi si menzionò il confine lombardo, rimettendo all’avvenire la scelta del miglior passo del Ticino (regie patenti 18 luglio 1844), in seguito si cominciò a far preconizzare la strada di Vigevano come linea provvisoria e suppletiva. Ed ora veggiamo che il ministro dei lavori pubblici, svolgendo il progetto delle linee ferrate da Novi a Tortona ed a Stradella evita studiosamente di ricordare i rapporti tra Genova e la Lombardia, parla sempremai del commercio coi ducati e coll’Italia centrale, lascia per incidenza intendere che una diramazione della strada ferrata della Lomellina potrà provvedere alle comunicazioni lombarde, e sembra voler ignorare, che di presente poco meno dei due terzi del commercio ligure, appena sboccati dalle strette appennine, deviano dalla strada ferrata dello Stato, e per val di Scrivia si dirigono a Pavia ed a Milano.

Occorreva alla vostra Commissione di stabilire l’importanza vera di questa strada che non vuolsi credere una diramazione o un confluente della gran linea dello Stato, ma si veramente la principale e naturale linea di comunicazione tra il Mediterraneo e la media valle del Po; le occorreva di far notare che, obbligando il commercio ligure a passare sul ponte di Valenza lo si allontana piú di venti chilometri dalla Lombardia; e questi sono venti chilometri abbandonati alla concorrenza adriatica, che è quanto dire due provincie perdute, e la frontiera commerciale della Liguria trasportata dal Mincio all’Oglio, Del resto, la vostra Commissione non intende indagare con troppa insistenza i motivi per cui il Governo non ha creduto o potuto tornare al primo e naturale pensiero d’una congiunzione delle nostre ferrovie colle lombarde, seguendo la traccia già segnata dall’attuale direzione del transito. Essa non saprebbe indursi a credere che il tentativo di far girare il commercio fra Genova e Milano fino a Vigevano o fino a Novara, sia suggerito dal povero consiglio di far percorrere alle merci un piú lungo tratto della ferrovia dello Stato, ciò che capovolgerebbe l’ordine economico, facendo servire il transito alle strade e non le strade al transito, e si risolverebbe in un iniquo balzello a spese del nostro emporio marittimo, in contraddizione coi principii economici che si vogliono far prevalere in tutti gli altri rami della pubblica amministrazione.

Sappiamo che altri ponno essere gli ostacoli, e facilmente li indoviniamo; ma nè giova accennarli, perchè non gioverebbe il combatterli a parole. Nondimeno crediamo nostro debito il ricordare di nuovo che la strada lungo la Scrivia e rasente i colli di Tortona e di Voghera è la piú breve e la piú naturale linea di comunicazione non solo tra Genova, i ducati e l’Italia centrale, come pensatamente ripete il rapporto governativo, ma ancora tra Genova e la Lombardia. E se ora questa linea, quali pur ne siano le cagioni, non può spingersi fino alla frontiera, non deve però il legislatore dimenticare dove essa miri e dove abbia, quando che sia, a riescire, af-

  1. Nel vigesimoprimo congresso generale della società di navigazione a vapore del Lloyd Austriaco celebrato il 31 maggio 1854, di cui ci giunge notizia durante la stampa della presente relazione, fu deciso, in vista principalmente della navigazione del Po, che promette una ricca sorgente di profitto e un grande avvenire, di aumentare il capitale sociale di 5,000,000 di fiorini.