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prefazione xi

to cittadino della loro nazione, sia servo della gleba od operaio di officina.

Ma l’insaziata, l’insaziabile folla, dimanda allo scrittore: «e perchè allora, non esaltare questo intelletto col dolore, vergando delle pagine immortali, sulla guerra, componendo un magnifico poema, sulla guerra? Quale più impetuosa ispirazione? Quale Musa più imperiosa?» E il pallido poeta e lo smorto scrittore sentono, più che mai, l’amarezza della loro impotenza d’arte. Dove, dove sono le parole possenti che sien capaci di comprendere, di racchiudere, di rendere questa lotta titanica di popoli intieri, scatenati l’uno contro l’altro ebbri di vita ed ebbri di morte? Dove, dove sono le vaste parole colorite, smaglianti, per descrivere quest’oceano di sangue senza sponde? Dove, dove è il verbo sonoro e cupo e fischiante e lacerante insieme, che possa rendere ciò che è un colpo di cannone da quattrocentoventi? Esiste la guerra: ma è una realtà senza parole: ma è una tragedia senza poeta.