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superstizioni che contribuiscono a far crescere ed a promulgare l’ignoranza medesima; e s’immagina d’avere un particolare interesse a coltivarla, né s’avvede che il maggiore interesse dun cittadino si è l’interesse di tutti. Finalmente io ho veduto che, qualora si cominciano a spargere qualche lumi di veritá in una nazione, non so se per le anzidette o per altre ragioni, gli ecclesiastici son sempre gli ultimi a profittarne e i primi ad impedirne il progresso, e sembra eh essi temano che le veritá filosofiche debbano recar pregiudizio alle veritá della fede, quasi che la veritá possa giammai condurre all’errore. Questo nondimeno che io dico, lo dico parlando generalmente, perché altronde ne ho conosciuto e ne conosco alcuno che merita d’essere eccettuato. Né meno doveva io.b). (ij E qui il nis. resta interrotto; se non che, in un mezzo foglio a parte, di scrittura del Parini, ma un po’ diversa, si legge il seguente passo, che parrebbe dover appartenere al séguito del proclama: «che questa coltivazione occupi il soperchio del terreno, che non possa adattarsi alla coltivazione delle cose necessarie al vitto o d’altri prodotti piú utili alla nazione còrsa; perché il fare altrimenti sarebbe una troppo grave ingiuria per quegli isolani, o ceduti, o conquistati, o l’uno e l’altro insieme. E il renderli cosi anzi mercenari manufattori che agricoli s’opporrebbe alla popolazione e pregiudicherebbe, a lungo andare, al sovrano medesimo».