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Saprai a quest’ora che sono senza servitore: fa’ il possibile di trovarmene uno. Tu sai il mio gusto e i miei bisogni. Se fosse maritato, né vecchio, né brutto, tanto meglio. Nondimeno comunque, purché sia buono. Qualor ti capiti, fissalo anche subito, se ciò bisogna. Insomma fa’ tu. Io resto qui sino al principio del mese venturo. Ingrasso, ringiovanisco, divento bello, che è una meraviglia. Addio, ecc. 9 agosto, Rovagnate. P. S. In caso che tu mi scriva, fa’ avere le lettere in casa del segretario Corti, donde mi saranno spedite. XLII Al medesimo Gli parla della salute e del suo amore. Caro amico, Nell’atto che io era per iscriverti con un’occasione che parte dimani, ricevo la graziosissima tua, e mi riesce gratissimo anche l’essere stato prevenuto. Veggo da ciò quanta sia la sollecitudine della tua amicizia, e te sono obbligato col piú vivo del cuore La mia salute non è peranco ristabilita punto, e, ben ché non mi sia tornata la febbre, io soffro però cotidianamente gl’incomodi che soffrivo a Milano, con flati quasi continovi, che non mi lasciano risvegliar l’appetito, che mi producono un ingombramento noioso di capo e mi rendono bene spesso gravoso a me medesimo. Io passeggio, io vo spesso a cavallo, io non mangio altri frutti che una sola pèsca al pranzo, io piglio interrottamente la china, io mastico ogni mattina delle bacche di ginepro, suggeritemi dalla lettura che qui ho fatto delle opere di Tissot; ma tutto questo finora non mi produce nessun sensibile vantaggio. Le forze, per altro, mi pare che vadano acquistando qualche cosa, benché assai lentamente. Spero nel tempo, nell’aria e nella tranquillitá dello spirito, che procuro