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XXVIII Alla contessa Silvia Curtoni Verza. — Verona Ringraziamenti e scuse pel ritardo nello scrivere. Ornatissima signora contessa, Dovrei vergognarmi d’essermi lasciato prevenir nello scrivere, e quel che è piú prevenire da lei, veneratissima dama. Nondimeno è forza che io lo confessi: anzi che vergognarmi, esulto e vo glorioso del mio mancamento. Questo mi ha dato luogo a comprendere quanto sia grande la benignitá dell’animo suo, e con quanta generositá sappia disprezzare i minuti puntigli della condizione, del sesso e della naturale vanitá. Ma ciò, che piú lusinga ed appaga il mio cuore, si c che il mio peccato mi ha procurata una piú valida testimonianza della parzialitá con cui Ella si degna di riguardarmi. Niuna cosa, dacché ebbi l’onore di vederla e di ammirarne in breve tempo tante amabili e stimabili qualitá, niuna cosa, Io giuro, poteva piú contribuire alla felicita della mia vita ulteriore che una tale testimonianza. Forse il mio amor proprio e il mio vivo desiderio me ne amplifica di troppo il valore. Comunque sia, anche la illusione è troppo grata ne! presente caso; ed è certo, per aitra parte, che io non amplifico l’espressione oltre la realtá del mio sentimento. Tornando poi alla mia mancanza, spero eli’Ella vorrá credermi che non è volontaria, anzi che nasce da troppa sollecitudine di non mancare, e che io ci ho merito piuttosto che colpa. Se io le dicessi, gentilissima dama, che da quel momento, che a lei piacque privare la mia patria e me della sua presenza, non è scorso un giorno, neppur un giorno, senza che io mi sovvenissi di lei e senza che io mi dilettassi, come tuttora fo, di ricorrere e di contemplare coll’imaginazione tutti gl’interni e gli esterni pregi che l’adornano; se io le dicessi che io ho sempre presenti le sue sembianze per lo appunto come se Ella