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XVII Al medesimo Sullo stesso argomento. Illustrissimo signore e padron colendissimo, Agli antichi debiti, che ho verso Vostra Signoria illustrissima per lo splendore ch’Ella s’è compiaciuta di dare al mio nome ne’ suoi nobilissimi scritti, si aggiungono anche le recenti obbligazioni. L’attribuire a me singolarmente un componimento tanto lodato da lei ; l’accompagnare questo giudizio con un sonetto e con una lettera, di quel pregio che oggi da pochissimi si può aspettare in Italia; il pigliarsi cura di divulgare il sonetto medesimo per farmi onore maggiore: cotesto è uti accumulare in una volta e in una sola persona tutti gl’irritamenti della vanitá letteraria. Qualunque sia il componimento ch’Ella mi attribuisce, io non sono in libertá di non creder pregevole una cosa lodata da lei, persona cosi illustre per tante eccellenti produzioni dello stesso genere. Chiunque poi ne sia l’autore, sará egli ben contento, vedendo, nel suo silenzio, cader sopra di sé uno dei piti invidiabili elogi, e per la natura dell’elogio stesso, e molto piú per la qualitá dello scrittore donde parte. Godo che l’abituale ptevenzionedi Vostra Signoria illustrissima a mio favore le faccia credere che quel componimento sia mio; giacché, coll’occasione di quello, provo la influenza dell’amicizia e della stima, ch’Ella mi ha sempre fatto l’onor d’accordarmi. Sono anzi tentato di desiderare che potenti motivi obblighino l’autore a resistere alla forza delle lodi, acciocché si dubiti sempre che quel componimento mi appartenga, e per conseguenza io goda sempre dell’onor singolare, ch’Ella mi ha fatto. Questo sentimento potrebbe essere tacciato di viltá; ma, avuto riguardo all’eccellenza del fine, ardirei di chiamare questa una magnanima viltá. D’altra parte, chi se ne dicesse autore non sarebbe creduto, non potendo mai