Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/96

pregio d’ingegno e di sapere», né qualsisia altra parola o sentimento detto a questo proposito che il padre Branda suppone. Egli è bensi vero ch’io dico, e nella presente circostanza son persuaso, d’oltrepassarlo colla ragione; ma, ciò faccendo, io mi glorio d’un pregio ch’è comune a qualsivoglia di que’ nostri contadini, che dal padre Branda sono chiamati «balordi», «stolidi», «babbuassi», ecc., ciascun de’ quali può ad un bisogno sopravanzar colla ragione alcuno de’ maggiori scienziati del mondo. Anzi egli dee avere osservato come, per rattemperare la mia proposizione, che per altro non avea bisogno di verun temperamento, non di me solo ho voluto parlare nel sovraccennato periodo, ma mi sono mescolato colla comune degli altri, dicendo «gi ugneremo» ed «oltrepasseremo». Io ho letto in Cicerone e negli altri maestri dell’arte rettorica che, dovendosi perorare contro alcuno, bisogna procurare sul bel principio dell’orazione di scemar la fede all’avversario e di renderlo sospetto ed odioso agli uditori, acciocché non prestino credenza alle sue parole, e da quello si alieni il loro favore. Ma ciò sta bene allora solamente che si può fare colla veritá e col fatto alla mano, di modo che non si possa dubitare che quanto l’orator dice sia da lui medesimo inventato; imperocché allora, invece di giovare, recherebbe nocumento alla propria causa. Ora vedete che, se io non fossi persuaso che le milanterie di sopra attribuitemi dal padre Branda nascano da un mero suo equivoco, e non mai da veruna malizia, io avrei luogo di credere che troppo diversa sia la rettorica, ch’io ho appresa da’ libri, da quella, ch’ei sembra insegnare con queste amplificazioni e con queste infedeltá nel citare i miei sentimenti, come voi vedrete ch’egli ha fatto imprudentemente in altri luoghi. L’arte del persuadere, la quale in ogni caso debb’esser fondata sulle regole del vero e dell’onesto, non insegna a corrompere il vero stato delle cose, com’è proprio di quella falsa e malvagia rettorica, dalla quale, siccome giá dissi nella mia prima operetta, dee il padre Branda tener con ogni studio lontani i suoi scolari. Di fatti quali conseguenze credete voi che uno d’essi fosse per