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quelle che nate non sono in paese o da gran tempo adottate da quel popolo che lo parla. Perocché in ciascun paese si possono distinguere tre diversi linguaggi : l’uno è il dialetto particolar del paese, l’altro la lingua dominante, e il terzo quell’altra specie di lingua introdotta dall’affettazione, parlata dalla gente piú colta e civile, e formata degli altri due. Cosí il dialetto come quell’altra terza specie prendono il nome dal distretto in cui parlansi, e l’altra dalla provincia o dal regno; ma, quando in individuo parlasi di qualche dialetto proprio d’una terra, come a dire napolitano o bolognese, intendesi sempre di quella lingua piú pura e incorrotta, parlata spezialmente dal popolo, mantenutasi lungo tempo e formata non giá dall’arte, ma originata dalla natura. Ora, se voi, parlando della lingua milanese, vi siete inteso di biasimare il linguaggio della plebe, voi avete fatto per lo appunto il contrario di ciò che forse dovevate fare, beffando cioè e deridendo quel linguaggio, che, essendo e il piú naturale e il piú puro ed incorrotto della nostra cittá, è conseguentemente da riputarsi il piú bello. Non a torto adunque, anzi molto piú ragionevolmente, si querelerebbero di voi i milanesi, perché, essendo il loro dialetto composto di voci per se medesime indifferenti, e belle o difformi, e aggradevoli o schifose sol quanto rappresentano idee di cose reputate belle o difformi, schifose o aggradevoli, voi lo abbiate chiamato, anche nel secondo dialogo, goffo, unto, lercio, scipito e disadatto. E voi medesimo da ciò vedete quanto a torto avreste detto nel primo, e mostrato di sostener nel secondo, che ogni pregio e vezzo e garbo di questa lingua consiste nel far ridere: conciossiaché da cotesta vostra proposizione ne nascerebbe che chi in un grave consesso, ragionando di cose importanti alla nostra patria, procurasse di farlo nel nostro dialetto colle migliori grazie e col miglior garbo che gli fosse possibile, non altro otterrebbe da’ suoi uditori che di fargli scoppiare dalle risa. Né serve che voi diciate nel secondo dialogo che, né in simili casi, né quando si parla seriamente tra le persone, il nostro parlare non è ridicolo, imperocché questo potrá ben essere una vostra ricantazione, ma non torrá mai