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Quello che vi si appone dello avere anteposto il solo Lungarno a tutte le cittá della Lombardia, e le colline e le siepi della Toscana alle nostre piú magnifiche ville, è cosí leggier fallo, che io non lo stimo degno di trattenercisi sopra, benché quello aggiunto di «magnifiche», che voi date alle nostre ville, e del quale voi presumete di potervi fare scudo contro alle nostre accuse, sia quel medesimo che combatte piú validamente contro di voi. Imperciocché, siccome bene appare dal contesto del primo vostro dialogo, voi venite a dire cosí: cioè che le siepi della Toscana fecero perdere al vostro interlocutore ogni memoria, non solo delle men nobili ville della Lombardia, ma eziandio di quelle che si tengono per le piú magnifiche: dal che vedete che a spese delle nostre ville, anzi delle piú magnifiche, voi rilevate con maggior energia la nobiltá e la magnificenza delle siepi toscane, abbassando al di sotto di esse le piú magnifiche nostre ville b). Né vale il dire che alla giovinezza del finto vostro parlatore si debba perdonare qualche imprudente trasporto; imperocché, siccome io vi ho giá detto disopra, voi medesimo siete quegli che ragiona per bocca di lui; e, non essendo qui necessario di rappresentare un si fatto costume, ben potevate lodar, quanto vi fosse piaciuto, le magnifiche etnische siepi, senza introdurre il confronto delle nostre ville con esse, ed esaltare a poter vostro il solo Lungarno, senza dar per questa sola parte di Firenze quante altre cittá vedeste in Lombardia. Tanto piú, che questo sembra convenirsi poco al buon lodatore, il cui artifizio dee trattenersi anzi nelle viscere della cosa lodata, e, qua e lá, per cosí dire, spargendo raggi di luce, rilevarne co’ piú vivi colori la sustanziale bellezza e le piú riguardevoli circostanze, e lasciare, quanto per lui piú si può, gli odiosi confronti. Né ciò io dico giá per avvertir voi, che maestro nostro siete dell’arte del parlare; ma per dir ciò che a me sarebbe paruto piú conveniente nel nostro caso. Ma, poiché io mi son pur trattenuto in queste siepi e in quelle ville piú assai ch’io non m’era determinato di fare, (i) D. Il, p. 7.