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e degli amici erami provecciato d’alcuna cosa e che io avea riposto qualche gruzzolo di zecchini, cosí levaronsi contro di me questi dottori che uccellano di continuo al danaro altrui; e, cercato di córmi cagione addosso, accusaronmi al re per istregone, dicendo ch’io m’ingoiavo come pillole i veleni e ch’eglino m’avcan veduto ingollare pane, starne e capponi, come altri farebbe le medicine. Due de’ miei maggiori nemici, fra queste sanguisughe d’Astrea, erano un certo affannone e mestatore, che pigliava sopra di sé tutti gli affari, e, infinocchiando e soffiando parole negli orecchi altrui, tanto cavillava e sopraffaceva e dimenava dei capo e delle mani e de’ piedi e infilzava testi e allegava citazioni e recitava litanie di dottori e susurrava e dibattevasi e alzava la voce, che i poveri giudici, sbalorditi, davangli vinte tutte le cause: l’altro era un ipocritone picchiapetto, che è quanto dire un volpone, un furbo chermisi. Costui abbindolava anche assai meglio del primo, imperciocché ei se ne andava tutto modesto in un certo suo abito nero sempremai abbottonato, con un cappello e una parrucca all’antica, tenendo l’elsa della spada coperta sotto alle falde, colle scarpe sempre mai pulite e rilucenti, sostenute da due alti caleagnini di legno e allacciate con due piccole fibbie d’argento, come quelle che usavano i nostri nonni. Oltre a ciò, torceva a ogni momento il collo e teneva sempre in agguato due o tre Iagrimette sotto alle palpebre. Costui andò dal giudice, e, fatto prima cenno di piangere e alzati gli occhi al cielo, cavò fuori adagio adagio una sottilissima vocina; e, mescolando mille volte ora il cielo, ora la coscienza, infine venne a concludere in questa piccola bagattella: che bisognava accendere una gran catasta nella maggior piazza della cittá, e quivi a fuoco lento arrostirmi bello e vivo. Poiché io riseppi questo, e che non amavo di far ridere i bacchettoni, mi risolvetti di lasciar loro i danari, e, da uomo di senno, abbandonata la fortuna prima ch’ella abbandonasse me, me la colsi verso Milano, per poterci rodere a mia posta de’ grassi capponi questo carnovale e raccontare a voi almanco una volta le mie avventure prima d’essere arrostito.