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di bellissimi specchi ; di li passai per uno stretto andito nella sala delle danze, che è di figura triangolare, col pavimento fatto d’un mosaico di pietre aguzze e sparse per entro delle seggiole e delle spezie di sofá, tutti di finissimi porfidi e diaspri orientali. Quindi scesi per una scaletta a pinoli nelia galleria, che è ritonda e altissima, a foggia d’una torre, piena di bellissime dipinture chinesi e figurine di Francia, frastagliate per mano della reina; ed eranvi, sopra certi spaldi de’ cammini, de’ cannocchiali per mirare i quadri ch’erano appesi piú in alto. Finalmente, passato per la segreteria, che ha dall’un canto la cucina e dall’altro le stalle reali, arrivai nell’anticamera del principe, ognora seguito da una folla di persone, che con grandissime scappellate e profondissimi inchini mi si umiliavano davanti, facendo delle braccia croce; e chi raccomandavamisi per una cosa e chi per un’altra, avendomi essi tolto alla prima per un novello buffone del re. Io, a cui l’aura della fortuna cominciava finalmente a soffiare in poppa, o almanco me ne lusingava, diediini a filar del signore e a stare in sul mille, e, grosseggiando, passava lentamente per mezzo a costoro, mirandomi or dall’uno or dall’altro de’ lati; e, come se giá compiuta notizia avessi di loro, questo fulminava con un guardo, e quell’altro riconfortava con una mezza dramma d’un cenno di sorriso. E cosí proseguiva il mio cammino, tutto fiero e pettoruto, a guisa della Dorotea pinzochera priora della confraternita, quando, messasi l’abito delle feste sopra un suo guardinfante, se ne va, piede innanzi piede, facendo mostra nella processione del suo pesante doppiere, e, gonfiando ambe le gote, si lascia fuggir da un lato delle labbra un sorrisetto di gioia, come fa colui che per lo estremo godimento par che capir non possa ne la pelle. lo mi presentai al re, come Bertoldo fece al re Alboino; e quegli mi accolse con non minor cortesia che si facesse giá quel buon re de’ nostri antenati. Sedeva egli in un salone, fatto a foggia d’un grandissimo tempio, sopra un trono cosí alto, che la sommitá della vòlta gli batteva sul capo; e, come a chi parlava