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lingue tra le nazioni colte, pare che potesse salire; essa è giunta assai prima d’ora a quel punto di consistenza, dal quale slontanandosi, secondo l’osservazione delle cose passate, si suol dire che le lingue si corrompono. Essa è deposta adunque, per tutta la sua forma e per la massima parte della materia, nel complesso delle buone scritture; essa adunque, nella sua essenza, non depende piú punto dall’arbitrio del popolo: ella è fissa, ella è per questa parte della natura di quelle che chiamansi «morte». In questo solo è da esse differente, che quelle non possono piú oltre essere accresciute di quel che sono, perché i popoli che le parlavano sono spenti, né sono piú capaci di nuove idee, né per conseguenza possono trovare, derivare, adottare nuovi vocaboli onde significarle: laddove noi, nella nostra, essendo noi vivi, possiamo, o per necessitá, o per conseguenza di nuovi vocaboli, di nuove forme arricchirla ragionevolmente, senza pericolo di corromperla. In conseguenza di questo raziocinio, si stabilisca adunque la sesta ed ultima regola: che a bene e ragionevolmente scrivere nella lingua nobile comune italiana non si dee declinare dall’uso generale e costante degli eccellenti e classici scrittori italiani. Si è accennato di sopra che vari autori, cosí toscani come d’altre parti dell’Italia, esaminando l’indole e l’uso della nostra lingua, scoprirono vari principi e varie regole stabilirono, le quali servissero di norma per bene e correttamente scrivere secondo l’uso medesimo; e questi son quelli che si chiamano «grammatici». Egli è vero che i vocaboli, le frasi, la composizione e tutte quelle altre cose somiglianti, che in una lingua vengono comprese sotto al nome di «dizione», non si possono per verun modo imparare, fuorché coll’assiduo e replicato leggere delle opere de’ buoni scrittori. Se altri non facesse mai altro che studiare i vocabolari e le grammatiche d’una lingua, arriverebbe alla fine de’ suoi giorni senza saper bene scrivere in essa né pure un mezzo membro di periodo. Le lingue de’ popoli non tanto sono differenti tra loro per la differenza de’ vocaboli, quanto per la diversa maniera del combinarli e del disporli nell’uso del discorso; anzi in questo