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essa il Vasari ha rammassate infinite notizie appartenenti a’ piú celebri professori di tutte le belle arti che hanno qualche dependenza e connessione col disegno; e che le azioni di questi professori sono narrate e stese con tanta leggiadria e naturalezza, che col suo stile e colla maniera di scrivere incanta i lettori, e fa loro parere non di leggere, ma di vedere quel ch’ei racconta. Inoltre ha ripiena tutta quest’opera d’utilissimi precetti su l’arte, e di dotte osservazioni sopra gli edifizi piú illustri e sopra le statue e pitture piú celebri dell’Italia». E, a proposito dello scrivere del Vasari, che è ciò che ora spezialmente ne importa di riguardare, è da notarsi quanto lo stesso Bottari in altro luogo avvertisce; ed è che il Vasari sopra la maniera del suo scrivere consultò Annibai Caro, uomo di finissimo gusto in tutte le arti, e grande amico ed utile consigliere de’ piú eccellenti artisti del suo tempo, come si può ben vedere dalle lettere di lui. Aggiungasi ciò, che pure il Bottari altrove osserva: cioè che il Vasari seppe alle volte alzarsi dal suo stile naturale e piano, e renderlo temperatamente ornato e grande, secondo che la materia comportava; la qual cosa non solo non disconviene, ma si addice anzi benissimo a coloro che trattano materie di sentimento e di buongusto piuttosto che di speculazione; purché ciò si faccia con opportunitá e con proporzione, secondo i principi giá da noi stabiliti e secondo i modelli lasciatici da’ grandi scrittori, fra i quali, oltre Platone, Senofonte e Marco Tullio, ci piace di mentovare spezialmente Longino. Questi, nel suo trattato Del sublime , di mano in mano che la materia piú o manco s’innalza, cosí va pigliando collo stile i colori di quella; talché ad un tempo con molto giudizio e bella fantasia istruisce la mente per mezzo de’ precetti, e la infiamma e la solleva per mezzo dell’espressione che quelli accompagna e rinforza. Ci si permetta di stenderci alquanto piú, ragionando di quest’opera del Vasari; imperocché, se noi non andiamo errati, essa è una delle opere italiane, che vorrebbesi veder piú frequentemente nelle mani della gioventú, massimamente lombarda, in vece d’altre che sono assai meno profittevoli, e che bene spesso, male applicate, sono anzi nocive non solo alla retta