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cosi col mancare di lui andò immediatamente decadendo, non solo rispetto alla vera puritá ed eleganza, ma ancora rispetto all’uso dello scriverla; e verso la fine del decimoquarto secolo non pure componevasi male in essa, ma quasi non vi si componeva punto dalle persone letterate di que’ tempi. La cagione principale di un tale decadimento della lingua nostra, fra quelle che possono esser note, si fu la sciocca vanitá degli uomini di talento volgare, i quali per loro natura si oppongono di subito a tutto ciò che ha faccia di novitá, senza pigliarsi cura d’esaminare se sia vero o falso, se utile o dannoso. Costoro, che sono ciechi veneratori delle opinioni, delle dottrine e de’ costumi ne’ quali stati sono educati, abborriscono chiunque tenta di battere altre vie, comunque esser possano le miglioii e le piú sicure, e si offendono di qualunque osa mettere in campo nuove cose e tenta di segnalarsi per altro verso, parendo loro che il menomo deviamento dal loro modo di pensare ed operare sia uno sfregio fatto all’autoritá che essi presumono di avere. Le sètte scolastiche massimamente peccano in questa parte, come quelle che per il concorso dell’opinione di molti si rinforzano nella ostinazione. Le belle cose che si andavano scrivendo nella nuova lingua,, siccome piacquero alle persone semplici che si lasciano condurre ne’ loro giudizi dalla sola veritá e dalla sola natura, cosi stuzzicarono il furor de’ pedanti, il trono de’ quali, come suole accadere, era fondato sopra un misterioso e barbaro gergo di termini scolastici e d’una lingua che essi avevano ardimento di chiamar «latina». Costoro adunque si diedero a predicar tanto contro l’uso dello scrivere nella volgar lingua, e tanto si ostinarono a non abbandonare il loro pessimo latino, che, essendo i piú forti mercé delle loro sètte, finalmente la vinsero, e tarparono alla nuova favella le ali che appena aveva messe. Quindi è che, dalla fine del Trecento sino allo scadere del Quattrocento, pochissimi furono quelli che scrivessero opera di qualche mole o di qualche valore in lingua volgare; e que’ pochi, volendo pur comparir letterati, noi seppero far meglio che mescolando con una turpe dissonanza le parole e le forme del loro latino alla favella de’ buoni autori del secolo antecedente.