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le parti, o i membri del discorso, sieno talmente ordinate e divise, che ne vengano proporzionate con ragion comune alla forza dell’organo, onde questo non sia obbligato di riprendere un nuovo movimento della voce, colá dove non si ripiglia un nuovo corso d’idee e dove non si comincia una nuova parte distinta del discorso. Similmente la quantitá di ciascuna delle parti distinte del discorso debb’essere proporzionata con ragion comune alla facoltá, che ha la nostr’anima di prestar continuata attenzione alla serie degli oggetti, e di ritenere ed accoppiare le idee successive che sono destinate ad operare tutte in uno sopra di essa. Però conviene che lá seguano le pause dove e la sentenza è perfetta, e l’anima dell’uditore non può piú starsi lungamente sospesa senza pericolo di pena e di disattenzione pregiudizievole alla intelligenza ed alla chiarezza. Poiché finalmente ci sono certi toni e certi accenti nell’umana voce, i quali accompagnano certi affetti e certe modificazioni dell’animo di colui che parla, anzi sono dalla natura medesima destinati ad esprimerli ; però è necessario che alle parole rappresentanti i detti afTetti e le dette modificazioni corrispondano nella pronunciazione que’ toni e quegli accenti, acciocché ogni cosa concorra a rilevare quanto piú si può la qualitá e la distinzione degli oggetti che il dicitore ci presenta nel suo discorso, e niuna cosa venga in contraddizione coll’altra, di modo che ne abbia poi a nascer confusione nella mente degli uditori. Quanto finora si è detto della chiarezza, relativamente all’arte del dire esercitata parlando, si verifica pure dell’arte medesima scrivendo; avvegnaché lo scrivere altro non sia che un presentare all’animo pervia dell’occhio de’ segni esprimenti quegli altri che rappresentano all’anima stessa per via dell’orecchio le idee; e cosí i caratteri altro non sono che un’immagine convenuta delle parole, come queste il sono delle idee, e lo scrivere non è altro per conseguenza che un’immagine del parlare.