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nota 409


A ogni modo sembra assai dubbio che l’ode, originale o tradotta che sia, appartenga al Parini.

XXII. Fu pubblicata nella Roma letteraria del io gennaio 1895, preceduta da una avvertenza della direzione del periodico, nella quale è detto che un suo collaboratore la copiò «or son mol t’anni», «di su un autografo del Parini che si trovava nell’albo di una gentile signora». A spiegare l’origine dell’autografo, se guono due lettere, una di L. G. Vallardi ad un cugino (9 agosto 1863) in cui gli dice: «Eccoti adunque le strofe autografe del Pa rini». E da quanto segue si apprende che le manda, perché de siderate da un giovinetto ammalato. L’altra è del prof. dott. Inno cenzo Regazzoni che da Como (1 agosto 1863) manda al prefetto gli auguri per l’onomastico, e aggiunge: «Le unisco l’autografo del Parini che finalmente ebbi da Milano con una lettera che pure le compiego. Sono ben lieto di aver potuto corrispondere al di lei desiderio». Il testo dell’ode è seguito da alcune varianti, o correzioni che siano, certo dedotte anch’esse dal ms. originale. — v. 21: Lieta a serbarvi il core\ v. 34: caro per buon; v. 35: dolci per lieti; v. 51: a te dunque di placidi — giorni l’amena sponda [fra le amiche pendici] — sol pregherò; v. 55 sgg.: Ma tu dolce Favonio — il desir mio seconda, — e con soffio propizio — deh il liti gonfia e giuliva — Elisa guida alla bramata riva. Oppure: Sereno è il cielo e placida — del Lario io veggo l’onda; — ma tu dolce Favonio — il desir mio seconda; — deh il Un gonfia, e giu liva — giungerá Elisa alla bramata riva. — Ma il Mazz. giusta mente dubita della attribuzione al P. di questa ode.