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sonetti | 313 |
CXXXI
IN OCCASIONE DUNA SONTUOSISSIMA FESTA DA BALLO
data dal dottor Giletti in propria casa.
Sul lieto stuol cui della* danza il vago
genio uni, di Citerá alto la dea
fremè d’invidia; ed in dolente immago
pensosa e scarna Economia piangea.
Del suo dolor, de’ scorni suoi presago,
il coniugale Amor muto sedea;
Temperanza languia; e a’ piè d’Astrea
mordeasi il labbro il creditor non pago.
Fra gemme ed oro in nobil fasto altero
sol festeggiar, sol trionfare io vidi
ridente il Lusso, in tuon superbo e fiero.
L’arresto, e: —Come? — dissi, — in si gioconde
forme tu sol fra tanti esulti e ridi? —
Passa il nume villano, e non risponde.
CXXXII
Crispin non avea pan tre giorni è oggi;
or la sua casa è fatta una cuccagna:
sofá, trumò, argenti, arazzi, sfoggi,
e thè, caffè, cioccolata, sciampagna,
pernici, storion, zecchini a moggi,
gioco, teatro, guardaroba magna,
trine, ricami, anella, poste, alloggi,
suoni, conviti, casino in campagna.
Come diavol può far che tanto ei spenda?
Dicon gli sciocchi: — Crispin l’altro giorno
trovato ha una miniera ond’egli sguazza. —
Eh baccelloni! La miniera un corno!
Crispin ier l’altro ha avuta un’azienda,
ed ha sposato una bella ragazza.