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312 | sonetti |
CXXIX
LA BRUTTEZZA E LE GRAZIE
Nice la brutta al vago Elpin porgea
ceste di frutta e ghirlande di fiori;
ei de l’avuto don dono facea
alla famosa per bellezza Clori.
Dell’iniquo commercio in fra i pastori
con l’alma genitrice Amor piagnea:
e de la cara sua prole a i clamori
moveasi il cor dell’acidalia dea.
Che mai dispose allor la diva ultrice?
Diede a la bella il fasto in compagnia;
spedi le Grazie a circondar la brutta.
Cosí da Clori ogni amator fuggia;
e i duo beati amanti Elpino e Nice
s’amavan senza fiori e senza frutta.
CXXX
CONGEDO DI UN PRECETTORE DAI SUOI DISCEPOLI
appartenenti ad illustre famiglia.
O germi illustri, io mi credea molt’anni
trarvi per man sul calle erto d’onore;
chè leggier m’avria reso i lunghi affanni
di bella gloria e di voi stessi amore.
Ma, o sia sete d’aver, che gli ampi vanni
fa ognor batter piú in alto all’uman core,
o sien di mia fortuna i tristi danni,
panni ’l premio dell’opra assai minore.
Ond’io vi lascio, il mio destin seguendo;
e prego vi di me dottor migliore
colle palme ch’ai cielo ambedue stendo.
Forse i miei voti udran gli dii; ma caro
ei vi sia piú di me; ché in van piangendo
si va, poi ch’è perduto, un uom preclaro.