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poesie piacevoli 49


     Io non so chi mi tien, corpo di . . . . . .,
ch’io non ti sforzi or ora a dispogliarti
di tutto quanto ha’ tu del fatto mio;
     e ch’io non pongami a perseguitarti,
con verseggiar si attossicato e rio,
che di tua man tu vadi ad impiccarti.

LXXIX

     Signori cari, fate di star sani
almeno almen finché non vi malate,
e per amor del cielo vi guardate
di non ire a ingrassare i petronciani.
    E voi, piovano, quelle vostre mani
non le tenete mica scioperate;
ma a scriver belle cose le adoprate
in versi ora latini ora toscani.
     Cosí, coll’arte ch’ogni orgoglio placa,
non temerete quella vecchia piue
che tira colpi da matta imbriaca.
     E chiaro il vostro nome ognora piue
n’andrá per sino in India Pastinaca,
lá dove Tacque corron all’ingiue.

LXXX

     Ser Cecco mio, voi siete spiritato
si, per santa Nafissa, a dir ch’io muoio,
per che son d’una donna imbertonato
piú che d’una carogna un avvoltoio.
     Voi mi fate un supposto sghangherato
a dire che per ciò mi spolpo e scuoio;
ch’io non son mica come voi bruciato,
tenero di calcagna, cascatolo.