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nota 385


Venerabile impostura
tu de gli uomini maestra
l’un per via piagato reggi
tu dell’altro accanto al trono
giá con Numa in sul Tarpeo
del macedone a te piacque

Mente pronta e ognor ferace
sovra tutto ei non obblia
ave dea. Tu come il sole
i suoi dritti il merto cede
ma qual arde amabil lume
deh perdona. Errai seguendo.

Edizioni: Ga., R., Bn.

Titolo: La impostura (Ga., R., Bn.); L’impostura, ode (6); Ode (1, 2). — Nei mss. 3, 4, 5 non vi è titolo alcuno.

Varianti: v. 5: gran calca (2, 3, 5, 6); v. 14: e fai sí che in grida strane (1, 2, 3), e fai che lor grida strane (4); v. 16: onde poi non culto pane (1), onde non sudato pane (2, 3, 4, 5, 6); v. 17: poi gli frutti la semenza (2, 3, 4, 5, 6); v. 19: a canto (1), accanto (2, 3, 4, 5, 6); v. 20: con l’Iperbole (1, 3, 5, 6); vv. 21-22: e ambe prodighe col dono — di gran titoli ventosi (1), lo stesso 2, 3, 4, 5, 6, mutando di in de'; v. 32: fare un dio e innanzi a lui (2, 3, 4, 5, 6); v. 34: pure in Asia (2, 3, 4, 5, 6); v. 38: scaldi e movi l’universo (i, 2, 3, 4, 5, 6); v. 39: invoca e cole (1, 2, 3, 4, 5, 6); v. 40: tutto il popolo (1, 2, 3, 4, 5, 6); v. 42: ti diè (1, 2, 3, 4, 5, 6); vv. 44 e 46: divinitate, potestate (2, 3, 4, 5, 6). — Dopo il v. 48, nei mss. 2, 3, 4, 5, 6, seguono altre tre strofe con brevi varianti dall’uno all’altro ras. Riproduco 2:

     Temerario, menzognero
giá su l’Istro non vogl’io
al geografo Buffiero
tôrre un verso e farlo mio;
e buscar gemme e fischiate,
falso conte e falso vate;
     né me stesso od altri io voglio
por nel coro de’ celesti,
vana speme e pazzo orgoglio

onde or porta gli occhi mesti
il biografo beffato,
quel che ’l Bruni ha effemminato.
     Non invidio il losco ingegno
di sí sciocchi mentitori,
Dea, costor, nel tuo bel regno
abbiati titol d’impostori;
ma sien risi, ed abbian pene,
poi che impor non sepper bene.

v. 51: ave (1, 3, 5, 6), 7 tuo (4, 5); v. 55: obblia (1, 2, 3, 4, 5, 6); v. 60: verisimile (2, 3, 4, 5, 6). — Dopo il v. 66, nei mss. 2, 3, 4, 5, 6, sono aggiunte due strofe, che riporto secondo la lezione di 2, che è quasi uguale a quella degli altri:

     Ei non come i pari suoi
pompa fa di lingua argiva,
ma vezzoso i mali tuoi
chiama un’«aura convulsiva»;
e la febbre ch’ei nutrica
chiama «dolce» e chiama «amica».

     Ei primiero il varco aperse
a un «ristoro confidente»;
egli a’ medici scoperse
come l’«utero si pente».
Dea, ben dritto è se n’hai scolto
nel tuo tempio il nome, e il volto.

v. 86: ah, ti veggo di lontano (2, 3, 4, 5, 6); v. 88: tu m’accenni (2, 3, 4, 5, 6); v. 91: ah, perdona (2, 3, 4, 5, 6).