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xx - alla musa 357


     25e in stuol d’amici numerato e casto,
tra parco e delicato al desco asside;
e la splendida turba e il vano fasto
 lieto deride;
     che ai buoni, ovunque sia, dona favore:
30e cerca il vero; e il bello ama innocente;
e passa l’etá sua tranquilla, il core
 sano e la mente.
     Dunque per che quella si grata un giorno
del giovin cui diè nome il dio di Deio
35cetra si tace; e le fa lenta intorno
 polvere velo?
     Ben mi sovvien, quando, modesto il ciglio,
ei giá scendendo a me, giudice fea
me de’ suoi carmi: e a me chi dea consiglio:
 40e lode avea.
     Ma or non piú. Chi sa? Simile a rosa
tutta fresca e vermiglia al sol che nasce,
tutto forse di lui l’eletta sposa
 l’animo pasce.
     45E di bellezza, di virtú, di raro
amor, di grazie, di pudor natio
l’occupa si, ch’ei cede ogni giá caro
 studio all’oblio.
     Musa, mentr’ella il vago crine annoda,
50a lei t’appressa; e con vezzoso dito
a lei premi l’orecchio; e dille: e t’oda
 anco il marito:
     — Giovinetta crudel; per che mi togli
tutto il mio D’Adda, e di mie cure il pregio,
55e la speme concetta, e i dolci orgogli
 d’alunno egregio?
     Costui di me, de’ geni miei si accese
pria che di te. Codeste forme infanti
erano ancor, quando vaghezza il prese
60de’ nostri canti.