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xvii - la gratitudine’ 339


Solenne offrir d’ambiziose cene,
onde frequente schiera
sazia si parta e altera,
non è il favor di che a bearmi ei viene.
25Mortale a cui la sorte
cieco diede versar d’enormi censi,
sol di tai fasti celebrar sé pensi
e la turba consorte.
Chi sovra l’alta mente il cor sublima
30meglio sé stesso e i sacri ingegni estima.
Cetra il dirai; poi’ che a mostrarsi grato,
fuor che fidar nell’ali
de la fama immortali,
non altro mezzo all’impotente è dato.
35Quei, che al fianco de’ regi
tanto sparse di luce e tanto accolse,
fin che le chiome de la benda involse
premio di fatti egregi,
a me, che l’orma umil tra il popol segno,
40scender dall’alto suo non ebbe a sdegno.
E spesso i lari miei, novo stupore!
vider l’ostro romano
riverberar nel vano
dell’angusta parete almo fulgore:
45e di quell’ostro avvolti
vider natia bontá, clemente affetto,
ingenui sensi nel vivace aspetto
alteramente scólti;
e quanti alma gentil modi ha piú rari,
onde fortuna ad esser grande impari.
50Qual nel mio petto ancor siede costante
di quel di rimembranza,
quando in povera stanza
l’alta forma di lui m’apparve innante!
55Sirio feroce ardea: