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poesie serie 27


XLIV

     Col guardo i’ vo su per l’aereo calle
fra le nubi cercando e tra i pianeti:
e veggio, d’ogni stella entro a’ secreti
lati, Dio ch’ora quiete or moto dálie.
    Scendo di poi su le nevose spalle
de’ monti, ed essi quasi freschi arieti
veggio esultar di lui superbi e lieti,
ch’abita ogn’antro loro, ogni lor valle.
     Cerco la terra tutta, e l’onda, e fuore
caccio lo sguardo ancor, ch’appena il regga,
e veggio come, in quell’immenso orrore,
     solo non giá ma con se stesso ei segga.
Torno coll’occhio alfin dentro al mio core;
e solo nel mio cor par che noi vegga.

XLV

     Carca di merci preziose e rare
coll’aure amiche intorno, agile e presta
girsen vid’io, senza curar tempesta,
una nave superba in mezzo al mare.
    E per Tonde vicine al lito chiare,
col remo, il qual di faticar non resta,
di due tavole appena insiem contesta,
un’umile barchetta i’ vidi andare.
     Sorse vento improvviso, e l’una tosto
alla ripa vicina in braccio corse,
e ’l legno altier cadde tra Tonde assorto.
     Cosi’l miser, diss’io, ch’ai basso è posto,
presto si salva; e chi piú in alto sorse
miraeoi è se può ritrarsi al porto.