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264 il giorno


VII.

     Signor, che fai? Cosí dell’opre altrui
inoperoso spettator non vedi
giá la sacra del gioco ara disposta
a te pur anco? E nell’aurato bronzo
5che d’attiche colonne il grande imita
i lumi sfavillanti, a cui nel mezzo
lusingando gli eroi sorge di carte
elegante congerie intatta ancora?
Ecco s’asside la tua dama, e freme
10omai di tua lentezza; eccone un’altra,
ecco l’eterno cavalier con lei,
che ritto in piè del tavolino al labbro
piú non chiede che te; e te co i guardi,
te con le palme desiando affretta.
15Questi, or volgon tre lustri, a te simile
corre di gloria il generoso stadio
de la sua dama al fianco. A lei l’intero
giorno il vide vicino, a lei la notte
innoltrata d’assai. Varia tra loro
20fu la sorte d’amor, mille le guerre,
mille le paci, mille i furibondi,
scapigliati congedi, e mille i dolce
palpitanti ritorni, al caro sposo
noti non sol, ma nel teatro e al corso
25lunga e trita novella. Alfine Amore,
dopo tanti travagli, a lor nel grembo
molle sonno chiedea, quand’ecco il Tempo
tra la coppia felice osa indiscreto
passar volando; e de la dama un poco,
30dove il ciglio ha confin, riga la guancia
con la cima dell’ale, all’altro svelle
parte del ciuffo che nel liquid’aere
si conteser di poi Paure superbe.
Al fischiar del gran volo, a i dolci lai
35de gli amanti sferzati, Amor si scosse,
il nemico senti, l’armi raccolse,
a fuggir cominciò. — Pietá di noi,