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iv - la notte 259


ch’ella con man si lieve ordina o turba,
de le pompe muliebri a lei concesse
635or s’agita la sorte. Ivi è raccolto
il suo cor, la sua mente. Amor sorride;
e luogo e tempo a vendicarsi aspetta.
     Chi la vasta quiete osa da un lato
romper con voci successive, or aspre,
640or molli, or alte, ora profonde, sempre
con tenore ostinato, al par di secchi
che scendano e ritornino piagnenti
dal cupo alveo dell’onda; o al par di rote
che sotto al carro pesante, per lunga
645odansi strada scricchiolar lontano?
L’ampia tavola è questa, a cui s’aduna
quanto mai per aspetto e per maturo
senno il nobil concilio ha di piú grave
o fra le dive socere o fra i nonni
650o fra i celibi giá da molti lustri
memorati nel mondo. In sul tapeto
sorge grand’urna, che poi scossa in volta
la dovizia de’ numeri comparte
fra i giocator cui numerata è innanzi
655d’immagini diverse alma vaghezza.
Qual finge il vecchio che con man la negra
sopra le grandi porporine brache
veste raccoglie; e rubicondo il naso
di grave stizza alto minaccia e grida,
660l’aguzza barba dimenando. Quale
finge colui che con la gobba enorme
e il naso enorme e la forchetta enorme
le cadenti lasagne avido ingoia.
Quale il multicolor zanni leggiadro
665che, col pugno posato al fesso legno,
sovra la punta dell’un piè s’innoltra;
e la succinta natica rotando,
altrui volge faceto il nero ceffo.