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iv - la notte 245


la incauta face; e il fiero dardo alzando
130allontana i maligni. O nume invitto,
non sospettar di me; ch’io giá non vegno
invido esplorator, ma fido amico
de la coppia beata, a cui tu vegli.
E tu, signor, tronca gl’indugi. Assai
135fur gioconde quest’ombre allor che prima
nacque il vago desio che te congiunse
all’altrui cara sposa, or son due lune.
Ecco il tedio a la fin serpe tra i vostri
cosí lunghi ritiri: e tempo è ormai
140che in piú degno di te pubblico agone
splendano i geni tuoi. Mira la Notte
che col carro stellato alta sen vola
per l’eterea campagna; e a te col dito
mostra Tèseo nel ciel, mostra Polluce,
145mostra Bacco ed Alcide e gli altri egregi
che per mille d’onore ardenti prove
colá fra gli astri a sfolgorar salirò.
Svégliati a i grandi esempi; e meco affretta.
     Loco è, ben sai, ne la cittá famoso,
150che splendida matrona apre al notturno
concilio de’ tuoi pari, a cui la vita
fóra senza di ciò mal grata e vile.
Ivi le belle e di feconda prole
inclite madri ad obliar sen vanno
155fra la sorte del gioco i tristi eventi
de la sorte d’amore, onde fu il giorno
agitato e sconvolto. Ivi le grandi
avole auguste e i genitor leggiadri
de’ giá celebri eroi il senso e l’onta
160volgon de gli anni a rintuzzar fra l’ire
magnanime del gioco. Ivi la turba
de la feroce gioventú divina
scende a pugnar con le mutabil’arme
di vaghi giubboncei, d’atti vezzosi,