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235 il giorno


de’ ferrati cavalli, e l’aura e il vento
che il bel tenor de le bramate voci
scender non lascia a dilettargli ’l core.
385Di momento in momento il fragor cresce,
e la folla con esso. Ecco le vaghe
a cui gli amanti per lo di solenne
mendicarono i cocchi. Ecco le gravi
matrone che gran tempo arser di zelo
390contro al bel mondo, e dell’ignoto corso
la seelerata polvere dannáro;
ma poi che la vivace amabil prole
crebbe, e invitar sembrò con gli occhi Imene,
cessero alfine; e le tornite braccia,
395e del sorgente petto i rugiadosi
frutti prudentemente al guardo aprirò
de i nipoti di Giano. Affrettan quindi
le belle cittadine, ora è piú lustri
note a la Fama, poi che a i tetti loro
400dedussero gli dèi; e sepper meglio,
e in piú tragico stil da la teletta
a i loro amici declamar l’istoria
de’ rotti amori; ed agitar repente
con celebrata convulsion la mensa,
405il teatro e la danza. Il lor ventaglio
irrequieto sempre or quinci or quindi
con variata eloquenza esce e saluta.
Convolgonsi le belle: or su l’un fianco
or su l’altro si posano, tentennano,
410volteggiano, si rizzan, sul cuscino
ricadono pesanti, e la lor voce
acuta scorre d’uno in altro cocchio.
     Ma ecco alfin che le divine spose
degl’italici eroi vengono anch’esse.
415Io le conosco a i inessaggier volanti
che le annuncian da lungi, ed urtan fieri,
e rompono la folla; io le conosco